Silvio Pellico
1789 - 1854
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Le mie prigioni
1832
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Capo XX.
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EI raccontava questa storia con una sorprendente aria di verità. Io, non potendo crederlo, pur l'ammirava. Tutti i fatti della rivoluzione francese gli erano notissimi; ne parlava con molta spontanea eloquenza, e riferiva ad ogni proposito aneddoti curiosissimi. V'era alcun che di soldatesco nel suo dire, ma senza mancare di quella eleganza ch'è data dall'uso della fina società.– Mi permetterete, gli dissi, ch'io vi tratti alla buona, ch'io non vi dia titoli.– Questo è ciò che desidero, rispose. Dalla sventura ho almeno tratto questo guadagno, che so sorridere di tutte le vanità. V'assicuro che mi pregio più d'esser uomo che d'esser re. –Mattina e sera, conversavamo lungamente insieme; e, ad onta di ciò ch'io reputava esser commedia in lui, l'anima sua mi pareva buona, candida, desiderosa d'ogni bene morale. Più volte fui per dirgli: – Perdonate, io vorrei [63] credere che foste Luigi XVII, ma sinceramente vi confesso che la persuasione contraria domina in me, abbiate tanta franchezza da rinunciare a questa finzione. – E ruminava tra me una bella predicuccia da fargli sulla vanità d'ogni bugia, anche delle bugie che sembrano innocue.Di giorno in giorno differiva; sempre aspettava che l'intimità nostra crescesse ancora di qualche grado, e mai non ebbi ardire d'eseguire il mio intento.Quando rifletto a questa mancanza d'ardire, talvolta la scuso come urbanità necessaria, onesto timore d'affliggere, e che so io. Ma queste scuse non m'accontentano, e non posso dissimulare che sarei più soddisfatto di me se non mi fossi tenuta nel gozzo l'ideata predicuccia. Fingere di prestar fede ad una impostura, è pusillanimità: parmi che nol farei più.Sì, pusillanimità! Certo, che per quanto s'involva in delicati preamboli, è aspra cosa il dire ad uno: «Non vi credo». Ei si sdegnerà, perderemo il piacere della sua amicizia, ci colmerà forse d'ingiurie. Ma ogni perdita è più onorevole del mentire. E forse il disgraziato che ci colmerebbe d'ingiurie vedendo che una sua [64] impostura non è creduta, ammirerebbe poscia in secreto la nostra sincerità, e gli sarebbe motivo di riflessioni che il ritrarrebbero a miglior via.I secondini inclinavano a credere ch'ei fosse veramente Luigi XVII, ed avendo già veduto tante mutazioni di fortune, non disperavano che costui non fosse per ascendere un giorno al trono di Francia e si ricordasse della loro devotissima servitù. Tranne il favorire la sua fuga, gli usavano tutti i riguardi ch'ei desiderava.Fui debitore a ciò, dell'onore di vedere il gran personaggio. Era di statura mediocre, dai quaranta ai quarantacinque anni, alquanto pingue, e di fisionomia propriamente borbonica. Egli è verosimile che un'accidentale somiglianza coi Borboni l'abbia indotto a rappresentare quella trista parte. |